Silvia Romano nasce a Milano, all’età di 25 anni sceglie di partire per l’Africa, come volontaria per la ONLUS “Africa Milele”. Rapita il 20 novembre 2018 in Kenya, è stata liberata il 9 maggio 2020 grazie alla cooperazione dell’intelligence italiana ed internazionale.
Fact News sceglie di dedicare un articolo alla giovane donna, che a soli 25 anni ha scelto di partire per amore del prossimo. Già dedita al volontariato presso il proprio paese di residenza, Silvia è una delle tantissime volontarie che dedicano la propria vita cercando di aiutare gli altri, dando il proprio contributo affinché il mondo sia un posto migliore. Laureata pochi mesi prima della partenza, con una tesi “sulla tratta degli esseri umani” questa è stata la sua seconda missione in Africa; ad agosto scriveva sul suo profilo Facebook: “Si sopravvive di ciò che si riceve ma si vive di ciò che si dona”, allegando una foto con alcuni bimbi kenyani.
Tra le varie attività, Silvia ha lanciato una raccolta fondi per aiutare le popolazioni che vivono, tuttora, in vere e proprie discariche, in particolare a Mombasa, in Kenya. Nonostante sia un luogo di passaggio per i turisti, alcune aree della città sono delle discariche all’aperto, in totale assenza di misure di sicurezza o di contenimento, nelle quali sono state denunciati vari sversamenti di rifiuti tossici per la salute pubblica.
Silvia anziché vivere a pieno la sua giovane età, ha scelto l’altruismo. Questo rende di più difficile comprensione l’odio social riversatosi su di lei dal momento della notizia della sua liberazione, tra le tante ‘bufale’, e chi ce l’ha con lei anche soltanto per la sua conversione. Come se il nostro non fosse uno stato laico che garantisce libertà di culto, e dunque di conversione.
Riteniamo dunque opportuno, in questa sede, smontare queste fake news che hanno alimentato tale odio, scaturito finanche in minacce alla stessa. Non è questa la sede per approfondire il ben più complesso tema dei rapimenti e dei riscatti. L’Italia non è il primo e non sarà l’ultimo paese a cader vittima di questi ricatti, e la normativa presenta ancora diverse lacune, in ambito sia nazionale che internazionale. Ma Silvia, di tutto questo, non ha colpe.
Silvia Romano si è convertita ad una diversa religione, non ha aderito ad alcuna organizzazione terroristica. La libertà di culto è una delle maggiori conquiste sociali e culturali dell’uomo, e non si può svilire ciò con una ridicola teoria, nata dal nulla. L’abito che indossava non è marchio di riconoscimento di alcunché, è semplicemente una veste che sono solite indossare le donne islamiche e, non avendo una Via Montenapoleone nei luoghi del sequestro, non ha avuto molta scelta.
I fatti, e Silvia stessa, inoltre ci dicono che la conversione non è stata estorta, non è frutto di lavaggio del cervello o altro. Silvia non ha mai visto in faccia i suoi rapitori, non li ha conosciuti, non si è sposata né tantomeno ne è rimasta incinta. Nei mesi di prigionia, nei tanti luoghi in cui ha forzatamente sostato, l’unica ‘distrazione’ accessibile era un Corano. E così Silvia, come Luca Tacchetto e Alessandro Sandrini prima di lei, ha abbracciato un credo diverso. Diverso, non migliore, non peggiore. Perché non esiste un’unica religione buona, esistono uomini buoni e uomini meno buoni.
Forse non vale nemmeno la pena di accennare le tante altre bufale, alcune talmente assurde da suscitare quasi ilarità al pensiero che qualcuno possa davvero crederci. Ma purtroppo, nell’era dei social, anche questo accade, ed assumono pertanto una maggiore gravità comportamenti irresponsabili di politici e giornali che cavalcano quest’odio.
Ma probabilmente, ancora oggi, nel 2020, Silvia aveva una colpa ancora prima che partisse, e cioè quella di essere donna. Ed è per combattere pregiudizi come questo, che noi di Fact News nasciamo, perché ancora oggi, nascere donna può essere una colpa per qualcuno.
E con Silvia, tra le tante donne che hanno dedicato parte della loro vita a questa lotta per i diritti umani, ricordiamo anche il coraggio di una donna keniana, Phyllis Omido che ha sfidato le lobby ed è riuscita a sfuggire ad un tentativo di sequestro considerate le sue denunce sul tema.
Perché Silvia, Phyllis Omido e tantissime altre sono solo alcuni esempi di donne che hanno rischiato e rischiano la propria vita per gli altri. Perché di questo oggi vale la pena parlare e vale la pena documentare.
Questa è Silvia. Una ragazza, una figlia, una volontaria, un’altruista, un’amica, una Donna.
Bentornata a casa.