“Guerrieri o popolo in cerca di una nuova terra? Invasori o emigranti?
È quasi banale osservare che usare l’uno o l’altro di questi termini non è indifferente, giacché si emigra sempre DA un luogo, si è immigrati IN un luogo, si è invasi DA qualcuno ed è anche troppo facile riflettere sul fatto che, scegliendo un termine, si sceglie uno dei due punti di vista, o quello di chi parte o quello di chi arriva, e che, dunque, con i termini MIGRAZIONE E INVASIONE ci si riferisce a una serie di fenomeni di portata molto vasta che spesso non hanno in comune altro che la mobilità delle persone”.
In Italia, attualmente, ci sono centinaia di centri d’accoglienza, diffusi lungo tutto il paese, con al loro interno decine di migranti. Già prima dell’emergenza coronavirus in molti casi si nutrivano forti dubbi sui livelli di sicurezza, soprattutto sanitaria delle strutture.
L’emergenza da COVID – 19 ha alimentato ancor di più la questione, tale da diventare nodo principale in un momento in cui la distanza sociale ed il rispetto delle restrizioni sono misure imprescindibili per combattere la pandemia.
La presenza di contagi all’interno dei centri di accoglienza ha giustificato l’esigenza di trovare una nuova sistemazione per diversi migranti. I porti italiani, nonostante l’emergenza da coronavirus, restano aperti e risulta sempre più difficile far rispettare i divieti di assembramento, ovvero garantire le distanze fra i migranti e gli operatori sanitari, oppure, ancora, trattenerli all’interno delle strutture, abituati ad uscire durante la giornata o ad avere la possibilità di vivere al di fuori dei centri.
La situazione, dunque, sotto il profilo della sicurezza in tempi di emergenza Covid-19, nei centri d’accoglienza e non solo, appare molto intricata e potenzialmente difficile nella sua gestione.
È dell’8 aprile la notizia che l’Italia, con decreto ministeriale, chiude i propri porti per tutta la durata dell’emergenza, prorogata al 3 maggio 2020. Il decreto, in base alla Convenzione di Amburgo, afferma che “i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area di ricerca e soccorso italiana“.
Oltre modo, per i migranti che situano in zona SAR (‘Search and Rescue’ – ricerca e soccorso) ed in acque territoriali, allo stato attuale, l’unica soluzione sembra essere quella di far trascorrere agli stessi una quarantena obbligatoria su imbarcazioni della Croce Rossa.
Di primaria importanza, altresì, è l’attività informativa che va assicurata dagli enti gestori dei centri, con l’ausilio dei mediatori culturali. In particolare: sui rischi della diffusione del virus, sulle prescrizioni igienico-sanitarie, sul distanziamento all’interno dei centri, sulle limitazioni degli spostamenti e, nei casi in cui siano in atto le più stringenti misure previste per i casi di isolamento fiduciario o di quarantena, sull’esigenza del loro assoluto rispetto.
Inoltre, tutti i permessi di soggiorno con una data di scadenza compresa tra il 31 gennaio 2020 e il 15 aprile 2020 sono prorogati al 15 giugno 2020 ex art. 103 dl “Cura Italia”.
Fonti: Repubblica, Sole24ore, Il Giornale, Il Fatto Quotidiano