di Annalisa Guida
L’8 Marzo festeggia la donna. In questo giorno vengono ricordate le conquiste sociali, economiche e politiche che la donna ha ottenuto con successo. Se proviamo a ripercorrere la storia femminile andando indietro nel tempo, possiamo capire perché è più corretto fare riferimento a questa data come Giornata internazionale della donna e non festa della donna.
Oltre a chiarire le reali circostanze di nascita della ricorrenza, ricordiamo in primis le innumerevoli lotte condotte dalle donne per arrivare alla parità di genere in Italia e nel mondo. In che modo è possibile comprendere eventi, intrecci e dinamiche di cui la donna è stata protagonista? Si può iniziare partendo da un’analisi dettagliata che ha visto molte di loro impegnate a riscattarsi sul piano sociale, politico, lavorativo e personale. Attraverso rivendicazioni e vittorie, si evidenziano profili di donne straordinarie tra cui: Maria Montessori, Grazia Deledda, Rita Levi Montalcini ecc, che hanno raggiunto l’eccellenza in campi quali la letteratura, l’arte e la scienza.
Fu proprio Deledda l’unica scrittrice italiana a ricevere il premio Nobel per la letteratura il 10 dicembre del 1927 a Stoccolma.
Quanto all’ambito politico, invece, la data da ricordare è essenzialmente una ossia il 1946 quando ventuno donne furono elette a far parte dell’Assemblea Costituente e attraverso questo contributo venne sancito il principio di uguaglianza tra i sessi.
Successivamente, con la nascita della Repubblica italiana, il 2 giugno dello stesso anno, tutte le donne furono chiamate a votare per la prima volta. Con il riconoscimento degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, vi fu la parità dei diritti e dei doveri tra moglie e marito tutelando i figli illegittimi nati fuori dal matrimonio. Per lungo tempo e nel corso degli anni, il ruolo della donna nella sfera matrimoniale e lavorativa è stato oggetto di discussione. C’è da sottolineare che innumerevoli sono state le disuguaglianze subite dal genere femminile sul lavoro: le donne, da sempre pagate meno rispetto agli uomini, si ritrovano ad essere maggiormente esposte nei lavori precari e rimangono occupate in ruoli che non tengono conto delle reali qualifiche di studio o delle capacità professionali. Una donna su quattro, difatti, occupa una posizione lavorativa al di sotto delle proprie potenzialità.
I dati evidenziano come l’Italia sia ancora indietro in tema di accesso al mercato del lavoro, della retribuzione e di avanzamento di carriera. Ciò che andrebbe migliorato sono gli incentivi finanziari all’inserimento lavorativo determinando un miglioramento delle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata. Soggette a diversi part time involontari di cui bisognerebbe scoraggiare il ricorso, ciascuna di esse merita di avere gli stessi diritti dell’uomo sia per le ore di lavoro che per il profilo retributivo evitando di essere sottoposta a forma di sfruttamento alcuna.
C’è un solo modo di legiferare in favore delle donne affinché possano sentirsi completamente realizzate, l’urgenza, la necessità più grande è che esse prendano forma concretamente, che vi si dia attuazione.
Certo, dal dopoguerra ad oggi, le condizioni di vita e di lavoro delle donne sono molto cambiate, hanno ottenuto delle migliorie, ma la battaglia per la parità di trattamento non è ancora conclusa e forse c’è ancora molta strada da percorrere.
Altro tema da affrontare oggigiorno quando si parla di donne e disparità è sicuramente quello della violenza di genere, la cui provenienza ha profonde radici nella nostra cultura patriarcale. La violenza nei confronti delle donne è, infatti, un fenomeno molto diffuso che ha radici antichissime e porta con sé una storia secolare di atteggiamenti di sottomissione della donna e prevaricazione dell’uomo. Ciò che oggi identifichiamo come violenza domestica e familiare, fino a meno di un secolo fa era considerato “uso legittimo della forza da parte del marito capofamiglia”. La violenza maritale era molto comune già in passato, ma a quanto pare meno brutale di oggi.
La storia ci insegna che non si può isolare la questione della violenza maschile contro le donne dal resto delle relazioni sociali e che, quindi, per comprenderne le forme in cui si è manifestata, bisogna considerare i contesti e le identità sociali dei soggetti coinvolti. Negli ultimi tempi ad incidere notevolmente su tali abusi è stata anche la pandemia in cui si è registrato un crescente aumento di femminicidi e violenza domestica. Durante il lockdown, dai dati Istat è, infatti, emerso che le chiamate al 1522, il numero antiviolenza e stalking, sono aumentate del 73 per cento.
Donne vittime di molestie fisiche e sessuali ma anche di violenza verbale e psicologica che restano, così, prigioniere di plagi, pressioni e congetture figlie di una cultura malata e fragile governata da uomini che le obbligano a fare quello che essi vogliono. È facile in questi contesti colpevolizzarsi, sentirsi sbagliate e fuori luogo e con l’autostima rasa al suolo si fa un’enorme fatica a sporgere denuncia. Sappiamo che ci vuole coraggio a denunciare chi è al nostro fianco e ancor di più a prendere consapevolezza che si sta subendo violenza da chi vogliamo bene, da chi crediamo di amare, da chi crediamo ricambi il nostro sentimento.
È stato necessario istituire una giornata contro la violenza sulle donne: il 25 Novembre. Data scelta per il suo valore simbolico, in quanto, il 25 Novembre del 1960 tre sorelle furono uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo a Santo Domingo, dopo essere state fermate dai poliziotti mentre si recavano a far visita ai mariti detenuti in carcere; picchiate con dei bastoni e gettate in un burrone dai loro carnefici. Da quel momento, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato tale data come Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, durante la quale ogni anno vengono ricordati tutte le vittime di femminicidi, abusi e maltrattamenti attraverso flashmob, iniziative social e quelli che sono diventati gli oggetti simbolo della lotta alla violenza di genere come le scarpe rosse, puntualmente allineate nelle piazze e in altri Luoghi pubblici.
Lo scorso anno a Napoli, la Camera di Commercio ha confermato il suo impegno a sostegno della lotta contro il femminicidio e a partire dal giorno 23 Novembre, per un’intera settimana il palazzo di Piazza Bovio è stato illuminato di rosso e ha indossato le sue ideali scarpe del medesimo colore per ricordare centinaia di donne uccise. Il secondo evento partenopeo che ha visto la donna protagonista, è stato lo spettacolo “Scarpe rosse” che ha avuto luogo nel Cortile D’Onore del Palazzo Reale di Napoli lo scorso 5 Luglio. In quell’occasione molte vittime che ce l’hanno fatta hanno dato voce alle esperienze personalmente vissute di ingiustizie, pressioni, persecuzioni e aggressioni.
Eppure, nonostante le iniziative, stesso il 25 Novembre nel nostro Paese si sono registrati due femminicidi. Loredana a Catanzaro e Aycha a Padova, perché è importante ricordare i loro nomi.
Sarebbe importante per le donne si ritrovano a vivere momenti non semplici trovare sostegno, rivolgersi a qualcuno che possa aiutarle in concreto, dal supporto psicologico a quello legale e basta fare una ricerca su internet per avere a disposizione contatti e sportelli d’ascolto che in molti casi potrebbero salvare vite.
Ma allora cosa ce ne facciamo di un giorno in cui si celebra la donna se siamo ancora così lontani dal garantire la dignità che essa merita? L’8 Marzo 1917, a San Pietroburgo, (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia) le donne della capitale guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra, i cosacchi non riuscirono a reprimere il movimento e questo comportò successive manifestazioni che portarono al crollo dello zarismo ormai completamente screditato. Quella data è da allora indicativa dell’inizio della Rivoluzione russa di febbraio. Fu così che durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenuta a Mosca una settimana prima dell’apertura del III congresso dell’internazionale comunista venne fissato l’8 marzo come «Giornata internazionale dell’operaia».
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1977 propose a ogni paese, nel rispetto delle tradizioni storiche e dei costumi locali, di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”. Adottando questa risoluzione, l’Assemblea riconobbe il ruolo della donna negli sforzi di pace e riconobbe l’urgenza di porre fine alle discriminazioni e di incentivare la piena partecipazione delle donne alla vita civile e sociale del loro paese. L’8 marzo, che già veniva festeggiato in diversi paesi, fu scelta come la data ufficiale da molti paesi.
A Rosa Luxemburg, politica e rivoluzionaria polacca, si deve il merito di aver trasformato l’8 Marzo in Giornata Internazionale della donna. Ogni anno, un ringraziamento speciale va a queste lavoratrici in ricordo della tenacia e dello straordinario coraggio che ebbero ribellandosi e lottando per il riconoscimento dei propri diritti.
Nel 1946 l’U.D.I. (Unione Donne Italiane) andava alla ricerca di un fiore che potesse celebrare la donna nell’immediato dopoguerra e la mimosa risultò essere perfetta in quanto una delle poche piante germogliate all’inizio di marzo. La mimosa, divenuta simbolo della donna, si fa portatrice di valori tra cui sicurezza, onestà, innocenza, libertà e autonomia.
Le donne devono sempre ricordarsi chi sono e di cosa sono capaci senza temere di attraversare i campi dell’irrazionalità, senza temere quel buio che loro conoscono meglio di chiunque altro. Celebriamo le donne ogni giorno e continuiamo a lottare affinché possano portare avanti e vincere le battaglie ancora attuali nella nostra società con orgoglio e fierezza.