A cura di Marianna Russo
Ad oggi, dopo ormai quasi due anni dall’inizio della pandemia da COVID-19, evidente è l’impatto provocato a livello psicologico oltre che fisico.
Le misure di prevenzione e contenimento adottate hanno determinato un profondo cambiamento delle abitudini e della routine di vita di ciascuno. I primi studi pubblicati hanno evidenziato che ai vari provvedimenti adottati per contenere e ridurre i contagi si è associata una significativa sofferenza psicologica: depressione, stress e problemi del sonno. Partendo dai bambini in età scolare e gli adolescenti, essi sono stati profondamente influenzati dalla chiusura prolungata delle scuole, dalla didattica a distanza che, per quanto sia stata un valido elemento, non è comunque riuscita a compensare del tutto quello stato di “normale routine scolastica” a cui si era abituati. A questa situazione si aggiunge l’allontanamento dagli amici, la mancanza dell’attività sportiva ecc. Particolarmente vulnerabili però, dopo i bambini e gli adolescenti, si sono rivelate altre categorie, che hanno manifestato malessere psicologico con più frequenza: operatori sanitari, anziani, soprattutto quelli affetti da patologie croniche, le donne incinte e gli studenti internazionali.
Dati alla mano: le ripercussioni che questa pandemia sta avendo sulla salute mentale rappresentano un problema molto più complesso di quello che si poteva immaginare e richiede interventi preventivi e terapeutici molto più articolati, mirati ed efficaci di quelli che normalmente il nostro servizio sanitario è solito fornire. Uno spiraglio sembrava essere stato aperto nella legge di Bilancio 2022 in cui era stato proposto un Bonus Salute Mentale da 50 milioni di euro per aiutare economicamente coloro che decidessero di rivolgersi a “specialisti della salute mentale”. Questa una proposta che sembrava essere appoggiata da svariati esponenti politici pubblicamente non ha però avuto seguito.
L’emendamento nello specifico prevedeva 15 milioni di euro di investimento per l’avviamento della frequentazione e dei servizi psicologici ed altri 35 milioni indirizzati verso il sostegno e la frequentazione di professionisti del settore.
Del resto, da recenti analisi, era emerso che quasi il 30% degli italiani avrebbe il desiderio di avviare un discorso legato ad una consulenza di questo tipo ma non lo ha mai fatto per una barriera economica di costi troppo elevata da sostenere. Così, mentre questo spiraglio si è subito richiuso, tanti altri bonus sono sopravvissuti, dai rubinetti alle zanzariere.
È a questo punto lecito chiederci se nel nostro paese sono sempre sacrificati i bisogni dei cittadini per favorire gli interessi politici.