di Gianluca Natale e Gennaro Cantiello
La Carta costituzionale rappresenta la base democratica del nostro Paese, l’anima delle nostre istituzioni e dei processi decisionali che governano la vita di ognuno di noi.
Il termine “Costituzione” nel suo etimo sta a significare fondare insieme, dar vita a qualcosa di stabile. Rappresenta un insieme di ideali, valori e principi condivisi all’indomani della II guerra mondiale, a sostegno della Repubblica e del vivere democratico.
Da ciò ne deriva il suo carattere “rigido” ovvero la possibilità di emendare le sue prescrizioni solo a certe condizioni:
– due successive deliberazioni di Camera e Senato, ad intervallo non inferiore di tre mesi l’una dall’altra;
– l’approvazione in seconda deliberazione, da parte della maggioranza assoluta di Camera e Senato;
– Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi;
– Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
La legge di revisione costituzionale avente ad oggetto il taglio dei parlamentari è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta, ex articolo 138, comma 1 della Costituzione. Dal momento che in seconda deliberazione la legge non è stata approvata a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, un quinto dei senatori ha potuto richiedere il referendum confermativo, come da comma 2 dell’articolo 138, da ciò l’indizione del referendum del 20 settembre 2020.
Il quesito (approvato dal 69,64% – 17.168.498 di voti) proponeva la riduzione del numero dei deputati della Camera da 630 a 400, la riduzione del numero dei senatori da 315 a 200 e della circoscrizione estero da 6 a 3. Inoltre, ogni regione italiana avrà un numero minimo di senatori, non più di 7 (com’era finora previsto) ma di 3.
Da tale e dovuta premessa, tralasciando il tema del “risparmio” e del “taglio agli sprechi”, che poteva risolversi con una rimodulazione degli emolumenti senza attivare un complesso procedimento di riforma costituzionale, ciò che deve essere oggetto del dibattito odierno è un’analisi riguardo un profilo sollevato da più studiosi ed operatori del diritto: premessa la legittimità del referendum, il taglio alla rappresentatività è compatibile con l’impostazione originaria della nostra Carta Costituzionale?
Ad oggi, sono stati presentati alla Corte costituzionale (unica Istituzione chiamata ad intervenire nel caso di specie) quattro ricorsi avverso il quesito referendario, dichiarati tutti inammissibili.
Il punto su cui ragionare, a nostro parere, è un altro: la rappresentanza, in un’ottica democratica, è l’elemento che traduce il principio di sovranità nella volontà popolare. La sovranità popolare, altresì, non vive solo nelle forme della rappresentanza, restando in particolare imprescindibile una partecipazione attiva dei cittadini, attraverso l’esercizio dei diritti e la mobilitazione dal basso. La Carta costituzionale tutela questa impostazione democratica, e quindi, il potenziale pericolo di minare la rappresentanza, attraverso il referendum in questione, anestetizza la dialettica parlamentare, quale espressione delle differenti interpellanze che emergono dalla cittadinanza, depotenziando il Parlamento.
Già in sede di redazione del testo costituzionale, in Assemblea costituente, Cappi Giuseppe, propose un emendamento così concepito: «Sarà eletto un Deputato ogni 100.000 abitanti» , in un momento storico in cui l’Italia aveva una popolazione di circa 45 milioni di abitanti, a fronte dei 60 milioni odierni. Nella stessa sede il deputato Umberto Terracini disse “Se nella Costituzione si stabilisse la elezione di un deputato per ogni 150 mila abitanti, ogni cittadino considererebbe questo atto di chirurgia come una manifestazione di sfiducia nell’ordinamento parlamentare”.
Quello che accadrà dalla prossima legislatura va esattamente nella direzione che la seconda frase voleva condannare: attualmente, infatti, in Italia vi è un deputato ogni 97 mila abitanti, mentre post-riforma ne avrà uno ogni 150 mila. A dispetto del sentire popolare, l’Italia passerà dall’essere perfettamente nella media europea a diventare lo Stato con meno deputati per cittadino.
Se da un lato, come hanno ribadito alcuni, la governabilità è espressione di efficacia ed efficienza nella gestione della Res publica, dall’altro ostacola la visione di un Parlamento forte e coeso, ove le discussioni politiche non avrebbero altro esito se non quello di riempire di contenuto la volontà popolare nell’atto legislativo.
Alla luce di quanto affermato, si potrebbero prospettare per il futuro dei correttivi alla riforma referendaria.
Quello che assumerà un ruolo centrale nella formazione del prossimo Parlamento, e nell’assicurare la massima rappresentatività e uguaglianza tra tutti i Cittadini, di tutte le Regioni, è certamente la legge elettorale. La missione che affidiamo all’attuale classe politica è quella di una sempre maggiore rappresentatività del territorio nazionale e massima attenzione alle funzioni svolte dalle singole Camere del Parlamento, magari differenziandone le competenze, o ancora, riforme in tema di attribuzioni e di poteri in grado di restituire al Parlamento un ruolo di indirizzo e controllo nei confronti del Governo, magari con un incisivo statuto delle opposizioni a tutela delle minoranze, e una limitazione all’abuso della produzione legislativa delegata.
Insomma, sebbene il referendum sia ormai un ricordo, ciò non può significare la fine della stagione delle riforme: il sistema costituzionale non può funzionare se non completamente armonizzato; ad una riduzione numerica dei parlamentari deve seguire una riforma organica ragionata, che non guardi alla ricerca del consenso elettorale ma al concreto funzionamento della macchina amministrativa nazionale.
In epoca di Covid, ove la fase autunnale ha portato ad un incremento netto dei contagi e quindi ha dirottato su ben altro l’attenzione delle Istituzioni, la riforma è passata quasi inosservata. Non abbiamo assistito a dibattiti o approfondimenti rispetto alle conseguenze che questa riforma possa avere sull’assetto istituzionale e democratico.
Noi di CasaleLab ci riproporremo l’obiettivo di prevedere incontri, anche social, sul punto, in attesa della fase calante del contagio.