A partire da giugno, in gran parte del mondo iniziano i grandi eventi di marcia e
raccolta per le persone della comunità LGBTQIA+, chiamati Pride; i Pride sono
momenti di festa e celebrazione della gioia queer e occasioni per poter festeggiare sé
stessi e chi è intorno, comunicando a tutti che le persone queer esistono e vivono,
ovunque e da sempre. Non esiste che una manifestazione come il Pride possa essere
silenziosa o sobria, per poter dire al mondo che questa comunità vive ed esiste,
bisogna far rumore, questo ci insegna la storia, chi resta in silenzio non verrà mai
ascoltato. La prima marcia organizzata ad essere definita come (gay) Pride è
avvenuto il 28 giugno 1970, un anno dopo gli scontri violenti avvenuti con le forze di
polizia in Christopher Street, davanti allo Stonewall Inn, che negli anni Sessanta è
stato un luogo di aggregazione per la comunità queer. Gli eventi del 1969 e la
conseguente manifestazione del 1970, non sono stati l’inizio del movimento di
liberazione della comunità LGBTQIA+, ma una tappa storica importante per la
comunità; i movimenti di liberazione iniziano ad organizzarsi agli inizi degli anni
sessanta, quando l’amministrazione comunale di New York inizia attivamente a
operare una pesante oppressione nei confronti delle persone queer: il comune di New
York da indirizzo alla polizia locale di sgomberare tutti i locali in cui le persone queer
si riuniscono, impedendo loro di riunirsi e punendo fisicamente qualsiasi atto di
ribellione, inoltre si fece in modo che qualsiasi locale che avrebbe venduto alcolici a
persone queer, avrebbe perso la licenza necessaria ad operare. In questo modo si è
permesso alla mafia di capitalizzare sulla situazione, tanto che la maggior parte dei
bar che ancora servivano alcolici alle persone queer (e che quindi sarebbero diventati
punti di ritrovo per la comunità), erano sotto il controllo mafioso.
In questo modo le persone si trovavano tra due fuochi, da una parte lo Stato che
impediva loro di esistere e dall’altro la mafia che sfruttava la situazione per poter
accresce la sua influenza nella città. I movimenti di liberazione saranno così
protagonisti di varie proteste e manifestazioni, dentro e fuori i locali, tutte
violentemente represse dalla polizia locale. Sull’onda dei movimenti di liberazione
nacque, nel 1987, il movimento ACT-UP (AIDS Coalition to Unleash Power), il
quale si fece carico della lotta per promuovere la sensibilizzazione e un maggiore
accesso alle cure, a tutti coloro che soffrivano di HIV/AIDS; il movimento ha
organizzato una serie di proteste e iniziative negli anni compresi tra il 1987 e il 1991,
dove i membri del collettivo hanno occupato diversi edifici governativi e di interesse
pubblico per chiedere una politica nazionale che si occupasse dell’epidemia cha ha
ucciso (e uccide) milioni di persone, per educare al sesso protetto e per permettere
l’accesso a chiunque ai trial per gli antivirali anti-HIV. In venti anni questi movimenti
hanno cambiato il modo di vedere e di approcciare la queerness, nel 1990 l’OMS
elimina l’omosessualità dal DSM (manuale diagnostico dei disturbi mentali) e nel
2001 i Paesi Bassi legalizzano il matrimonio egualitario; chi oggi scende in piazza lo
fa con lo stesso spirito di quei movimenti che hanno animato la lotta per la parità
negli anni Ottanta e Novanta. Imparare dalle lotte che hanno cercato di rovesciare lo
status quo, accogliere i Pride e tutte le manifestazioni che si sono tenute fino ad ora e
quelle che nei prossimi mesi ci saranno, in tuta Italia e nel resto del mondo, diventa
necessario per la sopravvivenza di tutti, sia coloro che hanno il privilegio di
manifestare sia di coloro che non lo hanno. Alzare la voce è necessario e
fondamentale: la storia ci insegna che il silenzio significa morte.