Premesso che la questione richiede una più attenta analisi, considerata la complessità dei tecnicismi che investono il tema, abbiamo approfondito, come richiesto da alcuni utenti sul nostro profilo social di Instagram, la questione “MES (meccanismo europeo di stabilità)” che in questi giorni è oggetto di un intenso dibattito politico.
Possiamo così riassumerlo:
– Il MES è un’organizzazione intergovernativa, o meglio identificato come uno strumento “salva Stati”;
– È entrato in vigore, non nel 2019, bensì nel 2012;
– Ha un fondo economico, di miliardi di euro, che si aggira intorno ai 700 miliardi (attualmente non supera i 150);
– Emette liquidità in favore dei paesi Europei in difficoltà (già ha provveduto per la Spagna e per la Grecia ad esempio) e a certe condizioni, qui c’è il vero nodo politico, acquista titoli di Stato;
– Gli Stati membri, appartenenti al MES, versano solo 80 miliardi e la restante parte è costituita da titoli di stato ed obbligazioni di mercato;
– Il nostro Paese, ad oggi, detiene quasi il 18% del capitale investito in questo sorta di “salvadanaio”;
– Per deliberare alcune decisioni, quelle più delicate per intenderci, come la ristrutturazione del debito, sono richieste ampie maggioranze di voto. Il nostro paese con la sua quota di capitale ha il potere di veto su decisioni di tale portata; ergo, non dovrebbe esserci alcun rischio per la democrazia;
– La ristrutturazione del debito, infatti, è una revisione dell’economia di un Paese che può comportare tagli alla spesa pubblica, maggiore imposizione fiscale e così via. Se la sua crescita economica è in difficoltà, il MES eroga, a condizioni rigide, liquidità per supportare economicamente chi è sulla strada del deficit economico;
– Tra le varie condizioni per l’erogazione di questo “ausilio finanziario” vi è la richiesta di ristrutturazione del debito, quindi riportare il paese in equilibrio economico e di conseguenza garantire che ciò che viene prestato possa essere restituito al MES;
– Il nodo principale è soprattutto politico oltre che economico. Infatti, l’attivazione di un meccanismo di ristrutturazione del debito ricadrebbe, inevitabilmente, su chi detiene i nostri titoli di stato. Quindi, la possibilità di ristrutturazione aumenta la probabilità che il valore di quei titoli varranno sempre meno nel corso del tempo;
– I detentori dei titoli sono investitori che hanno, per ovvie ragioni, preventivato di perdere il loro investimento e hanno tutto l’interesse a chiedere una sorta di accesso “automatico” alla ristrutturazione del debito in modo da non perdere quanto avevano investito, con gli interessi; ma ciò, per un paese come il nostro, con 2mila miliardi di euro di debito pubblico, potrebbe, anzi, sicuramente aggrava il nostro quadro economico;
– I grandi speculatori scommettendo contro il Paese in difficoltà spingono verso la soglia di attivazione automatica per riformare il proprio sistema di spesa (quindi maggiori tagli alla spesa, ai servizi erogati dallo stato, maggiori tasse etc. etc.);
– Infine, anche se un Paese, come il nostro, ha tutte le condizioni di risollevare la propria economia rischia di essere poi “affossata” da questo meccanismo di attivazione di ristrutturazione del debito;
• Lo studio si basa su ricerche ed approfondimenti di articoli di giornali, dibattiti televisivi e video spiegazione della questione MES.